2016-2018 | Arena Opere dall’Opera

Arena – Opere dall’Opera a cura di Giuseppe Morra allestimento 2016-2018

140.aktion 21.09.2013 lehraktion abc art berlin contemporary, berlino
135.aktion 14.05.2012 dionysos versus the crucified (part 1) isa university 11.biennale havana, cuba
130.aktion 23.05.2010 pfingstfest – festa di pentecoste, museo nitsch e vigna san martino, napoli
129.aktion 27.11.2009 lehraktion galleria hofficina, roma
54.malaktion agosto 2008 museo nitsch, napoli
108.lehraktion 05.07.2001 “le tribù dell’arte II” galleria d’arte moderna, roma
96.aktion 26.05.1996 pfingstfest – festa di pentecoste, vigna san martino, napoli
18b.malaktion giugno-luglio 1986 casa morra, napoli
63.aktion 10.06.1978 teatro romano, trieste
45.aktion 10.04.1974 studio morra, napoli
laboratorio delle essenze, dei profumi e dei colori dell’o. m. theater
architetture dell’o. m. theater
fotografie 130.aktion 23.05.2010 pfingstfest – festa di pentecoste, museo nitsch e vigna san martino, napoli
fotografie 96.aktion 26.05.1996 pfingstfest – festa di pentecoste, vigna san martino, napoli
fotografie delle azioni 1962-1966

Il Museo Nitsch di Napoli non è solo un luogo di raccolta e di esposizione del lavoro di Hermann Nitsch, ma nasce come un soggetto culturale attivo, impegnato nella riflessione critica e teorica attorno al grande artista austriaco. L’installazione permanente consente di attraversare nel tempo, in una sorta di viaggio e di visione ideale, la produzione di Nitsch a partire dagli anni sessanta fino alle realizzazioni più recenti ed in particolare quel suo aspetto specifico che sono i relitti, che pur legati in modo indissolubile al momento performativo da cui discendono, vanno intesi come delle traduzioni, delle riscritture in un atto formale che appare, pur nella contaminazione dei materiali, intimamente e fortemente pittorico. Il relitto è dunque un’opera che nasce dentro un’opera e da un’opera, diventando esso stesso opera d’arte autonoma. In questo senso la mostra ruota attorno al concetto di opere che nascono dall’Opera, intesa, nell’accezione che ne dà Nitsch, come un’ideale sintesi unitaria del lavoro.
Il concetto che guida Arena – Opere dall’Opera va inteso, però, anche in maniera diversa. Una parte significativa del lavoro sui relitti consiste, infatti, in tavoli e in grandi pedane in cui, con una precisione cartesiana, vengono allineati ed organizzati materiali diversi, caldi gli uni e freddi gli altri, montando assieme le tracce del sangue e del materiale organico delle performance con il nitore limpido dei cubetti di zucchero o la perfezione glaciale e minacciosa degli attrezzi chirurgici. Nell’installazione di Arena – Opere dall’Opera lo spazio è pensato come un gigantesco tavolo metaforico al cui interno si collocano i diversi relitti e attorno a cui le pareti disegnano una altrettanto ideale “arena” per lo sguardo, diventando esso stesso un’opera.
Si crea, così, un dialogo a distanza – ma intenso, fortissimo e imprescindibile – tra momento teatrale e momento visivo. È nella natura stessa dei “relitti”, l’essere traccia di qualcosa, testimonianza di un evento che è trascorso lasciando dietro di sé l’eco, enigmatica, della sua stessa esistenza. D’altro canto, per come li intende Nitsch, i “relitti” del Teatro delle Orge e dei Misteri sono anche una libera e autonoma costruzione, artistica e formale, che parte dalla testimonianza del fatto teatrale ma lo trascende. L’evento vivo e vissuto delle azioni non viene documentato dai “relitti” ma, letteralmente, riscritto; è opera in sé, in quanto teatro, ma anche materiale per una nuova opera, la quale agisce come momento di una silenziosa riflessione dopo il fragore estatico del rito teatrale.
Anche in questa maniera, anche attraverso questa porta passa la dimensione di opera d’arte totale del lavoro di Nitsch. Non solo sinestesia nel momento spettacolare e rappresentativo, ma dialogo, sugli stessi materiali e sulle stesse visioni poetiche, tra piani espressivi e codici linguistici diversi. Come fosse dire il medesimo pensiero, il medesimo vissuto prima con le parole e poi col silenzio.
Lorenzo Mango